Flashdance ha vinto l’Oscar come miglior canzone del 1983. What a feeling, per l’esattezza. Quella che quando parte ci ritroviamo tutti in punta a saltellare come matti sperando di essere minimamente capaci come l’incredibile Jennifer Beals, Alex, che proprio con questa pellicola si fa conoscere al grande pubblico. La verità è che -almeno io perché non voglio mettere in dubbio le tue capacità- al sesto ticchettio sul pavimento ho già l’alluce fratturato, il medio lesionato e l’indice se tutto va bene è saltato. Alexandra, appena diciottenne, si mantiene da sola ballando in baby doll rosso -ma sempre con stile e innata eleganza- al Mawby’s bar insieme alle sue amiche, salda e costruisce come un muratore e non contenta cerca di sfondare per realizzare il suo più grande sogno: ballare. Autodidatta e sorprendente nel ballo, Alex ci mostra uno spaccato di realtà degli anni ottanta, che per mio gusto è in assoluto il periodo (insieme agli anni 70) che più mi esalta.
Esalta è l’aggettivo giusto. Perché mettimi tre tutine attillate fucsia, due fasce nei capelli, un po’ di glitter e femmine con il capello gellato punk cortissimo e io vado fuori di testa come in Staying Alive; se mi segui da un po’ conosci bene questa mia perversione per le pellicole di quegli anni. Le colonne sonore sono così coinvolgenti che stare sul divano diventa una tortura. E infatti mi ritrovo in piedi a spaccarmi alluci, ballare e cantare senza una ragione. E ti assicuro che io con il ballo, il canto e queste reazioni ho ben poco a che fare in linea generale. MA COME SI FA?
C’è pure Cynthia Rhodes che posso annoverare tra le mie attrici preferite. Vogliamo forse dimenticarci del duetto con Travolta in Staying Alive o del suo cameo in Dirty Dancing? L’amica di Patrick Swayze sedotta e abbandonata dal cameriere ******* (sì, finisce per onzo, ci siamo capiti) che viene poi aiutata dal padre di Baby.
Ci sono tutti gli ingredienti per passare del tempo piacevole con Alex. La storia d’amore, il cattivo scemo di turno, l’amico un po’ sfigato ma forte e coraggioso, l’uomo che tutte le ragazzine sognano. Anche se è il capo, sì. Davanti la scritta Mawby’s Bar si sogna.
- “Non è una buona idea uscire con il padrone”.
- “Bene. Sei licenziata. Ci vediamo domani alle otto”.
Ho sempre sognato di dire una cosa del genere. Non che abbia mai desiderato uscire con uno dei miei dipendenti però, ecco, sono gran belle opportunità nella remota ipotesi si presentassero nella realtà (dimmi di sì, ti prego. Potrei rimanerci molto male).
Insomma questo film musicale cult e famoso in ogni parte del globo è un’iniezione di positività per credere sempre nei sogni. E non ne abbiamo mai abbastanza. Il bisogno è incessante.
Ho scelto latte e biscotti perché una delle mie scene preferite è proprio quando Nick, il capo, invita per l’ennesima volta Alex.
“No, grazie. Oggi non pranzo”.
E Alex
“niente pranzo. niente cena. che ne dici di uno spuntino? latte e biscotti va bene?”, borbottandolo tra sé e sé mentre lei è già montata sulla bicicletta lasciandolo lì.
Ci sono pizze, sandwich con il tacchino e aragosta, mangiata rigorosamente con le mani. Ci sono hamburger di tutti i tipi con doppio formaggio e cibo tipicamente americano ma quella battuta di “latte e biscotti” è rimasta impressa nel mio cuore, già.
(Anche tu piangi nella scena finale? Quella del cane infiocchettato, mazzo di fiori e salto? Io comincio un po’ prima quando si attorciglia come una meravigliosa dannata e tutta la commissione parte con il piede ballerino, ma questa è un’altra tragica storia).
Latte e biscotti di stelle che sono desideri
Biscotti di mandorle
- 150 grammi di farina integrale
- 90 grammi di mandorle spellate
- 100 grammi di burro freddo
- 70 grammi di zucchero di canna integale
- un uovo
- cannella o zenzero
- e il pizzico di sale
Lavora tutto insieme in un mixer. Ottenuto l’impasto avvolgi in pellicola e lascia in frigorifero per almeno trenta minuti. Trascorso il tempo stendi su un piano infarinato e ricava le stelle o la forma che vuoi. Metti su carta da forno e cuoci a 180 per 15 minuti circa.
Io ho esagerato e li ho fatti volutamente molto alti, ma non occorre. Però, ecco, dare molto spessore ai sogni era un’idea che mi piaceva particolarmente.