C’è un calo della produzione di miele in Italia, una vera e propria emergenza per l’apicoltura in questa prima parte del 2019. Questa la denuncia dell’Osservatorio Nazionale Miele che, a partire dalle stime dell’Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, calcola che i danni per la mancata produzione di miele di acacia e agrumi sono di 73 milioni di euro. Un crollo causato dal maltempo: frequenti piogge, basse temperature in primavera e molto alte d’estate, venti forti hanno colpito in maniera molto seria gli apicoltori su tutto il territorio.
Calo della produzione di miele in Italia, la situazione da Nord a Sud
La produzione di miele è stata colpita, in questa prima parte del 2019, sia al Nord che al Sud. L’Osservatorio stima che la perdita sia di 55 milioni di euro per quanto riguarda il miele d’acacia, prodotto soprattutto nelle regioni settentrionali, e di circa 18 milioni per quello di agrumi, fiore all’occhiello del meridione. In molte regioni italiane la resa media non ha superato i 10 kg/alveare a fronte di una media nazionale del 2018 (dati Ismea) di circa 30 kg/alveare.
In Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna la produzione è stata molto scarsa in pianura e non all’altezza delle aspettative in montagna. Secondo l’ultimo report del mese di luglio 2019, in Valle d’Aosta le previsioni di millefiori e tiglio di montagna sono state disattese. Come si legge in una nota dell’osservatorio, “nonostante la bella fioritura le api hanno raccolto poco probabilmente a causa delle alte temperature e del continuo vento che hanno inficiato la produzione di nettare.”
Non semplice la situazione nemmeno nelle regioni del Centro Italia, dove si stima un calo della produzione pari al 70%, complice la primavera piovosa e il grande caldo dei mesi estivi.
Infine, dal Sud qualche nota di speranza per gli apicoltori. In Basilicata, per esempio, resiste la produzione di miele di agrumi e di sulla; buoni risultati anche in Puglia per il miele di coriandolo, mentre in Sicilia la situazione è preoccupante.
Da un lato, dunque, gli apicoltori e soprattutto le aziende che si occupano prevalentemente della produzione di miele sono preoccupate per l’impatto economico di questa crisi, dall’altro la stessa salute degli alveari è a rischio. Raffaele Cirone, presidente della Federazione Nazionale Apicoltori Italiani ha chiesto lo stato di calamità e dichiarato che ci sono “danni per almeno 25-50 milioni di euro, introiti di cui quest’anno gli apicoltori dovranno fare a meno. (…) Le aziende a vocazione economica sono allo stremo, servono nutrizioni supplementari, o le api rischiano di morire di fame”. Il presidente precisa inoltre che “urge un pronto soccorso almeno per la mancata produzione di miele, e prima che sia troppo tardi per la sopravvivenza delle nostre migliori realtà produttive”.
Una questione climatica
Secondo gli esperti le cause di questa annata così difficile sono da ricercare nel clima. Le temperature miti dell’inverno, anche al di sopra della media, hanno portato a un buono sviluppo delle famiglie apistiche che, tuttavia, si trovavano povere di scorte. Siccità e vento hanno causato una scarsa importazione di nettare negli alveari.
La primavera, invece, è stata fortemente instabile, caratterizzata da temperature basse e un maltempo costante. Condizioni che hanno provocato frequenti episodi di sciamatura e il calo della produzione di miele. Inoltre, forte vento e piogge hanno danneggiato gli alveari, in alcuni territori. Queste condizioni climatiche hanno condizionato, in particolar modo, le regioni del Nord risparmiando, almeno in parte, quelle meridionali, colpite però dalle temperature alte sopra alla media dei mesi di giugno e luglio.
Proprio quest’ultimo avvenimento è considerato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale come il mese più caldo di sempre. La frequenza e l’intensità dei picchi, che hanno superato anche i 40 °C, hanno influito sulle fioriture. Il risultato è stato, anche in questo caso, una riduzione dei flussi nettariferi per le famiglie. Forte caldo e siccità stanno, dunque, condizionando fortemente la produzione al centro-sud. Secondo l’Osservatorio, in Abruzzo “a causa della siccità, per il momento i raccolti di millefiori di montagna, che rappresenta una produzione di nicchia, sono stati insignificanti.”
I rischi legati all’uomo: avvelenamenti e furti
L’Osservatorio Miele rileva, infine, anche alcuni casi di avvelenamenti da fitofarmaci, ovvero attraverso sostanze che vengono utilizzate per la tutela di vegetali, per esempio nei campi. La situazione è piuttosto grave in Veneto e Emilia-Romagna dove, nel mese di luglio, sono stati registrati avvelenamenti in misura maggiore rispetto agli anni precedenti. Si è osservato, continua l’Osservatorio, che essi sono più frequenti nelle vicinanze di campi di barbabietola, soia e mais. In Friuli Venezia Giulia, invece, il gip di Udine ha iscritto nel registro degli indagati ben 400 agricoltori. La ragione è il drastico calo delle api in 11 alveari durante il periodo della semina del mais: si è passati, infatti, da 60 mila insetti per arnia a circa 10/20 mila. L’indagine sottolinea come queste morti possano essere connesse all’uso del Mesurol 500 FS, una sostanza della Bayer legale, ma che dev’essere utilizzata entro limiti molto rigidi, poiché ha un elevato grado di tossicità.
Infine, come sottolineato anche da Roberto Pasi, CEO di Beeing, sono frequenti anche le segnalazioni di furti di arnie, soprattutto in Campania e in Umbria. Un ulteriore segnale di un comparto in difficoltà, sottoposto anche alla pressione della concorrenza estera sempre più agguerrita.
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