La produzione artigianale dei dolci è strettamente collegata alla storia della panetteria, perché tutto comincia esattamente da quei forni capaci di sfornare pane di incredibile bontà. I nobili mangiavano il pane, neanche a dirlo, e pian piano si diffusero i dolci nelle feste e a fine pasto. Ricordo di aver letto su un libro che questo comportò la produzione eccessiva di dolci a discapito del pane e perciò fu imposto che fossero preparati solo per le feste. Allo stesso modo nacquero le figure di venditori di dolci che poi si specializzarono nella creazione dei dolcetti antesignani di quelli che noi adesso conosciamo.
La figura del pasticciere, del mastro pasticciere specializzato nella realizzazione di preziosi pasticcini, compare per la prima volta a Parigi. Questo perché il legame tra il pane e il dolce è indissolubile da sempre e la cuddura ne potrebbe essere simbolo. Te ne ho parlato diverse volte, in modo sentimentale più che altro, ma non ho mai approfondito le forme, i simboli e i significati strettamente correlati a questo tipo di preparazione. La cuddura -è così che in Sicilia si chiama insieme ad Aceddu cull’Ova o Pupi cull’Ova nel palermitano- deriva da coullura in greco. Rappresenta fondamentale la vita e la rinascita nella forma usuale della ciambella e del cerchio, che è poi come il significato della fede e dell’infinito. Sovrastato dalle uova, simbolo di rinascita. La cuddura prima era assolutamente realizzata con la pasta di pane; mio papà stesso se la ricorda con il pane. Questo perché in Grecia si preparava una sorta di pane dolce, tsoureki, sovrastato dalle uova di color rosso dove il rosso indica la passione di Cristo e il sangue versato per noi.
I siciliani, figli della Magna Grecia, hanno sempre consumato moltissimi dolci e questi sono diventati simbolo dell’isola in più variazioni. C’è una ricchissima tradizione di pasticceria in Sicilia. Una volta, durante il mio corso con Maurizio Santin che ricordo con affetto, ho imparato che in Italia sono tre le scuole di pasticceria più importanti: la siciliana, la piemontese e la campana. Ricordo che ero molto inorgoglita di questa cosa ed effettivamente col tempo ho notato quello che era un assioma ovvero che la tradizione siciliana rispecchia in toto la cultura, i luoghi e la gente stessa. Ricca, sfarzosa e chiassosa.
Influenzata dalla Grecia e dagli Arabi ma anche dai Normanni e Spagnoli, la pasticceria siciliana è un frullato e un tripudio di culture che si mescolano ed abbracciano. Per questo motivo è famosa in tutto il mondo e la cassata, il cannolo, la granita, il gelato (perché lo abbiamo inventato noi*sindrome di Pippo Baudo mode on*) rimangono per sempre nel cuore e nei ricordi di tutti. Dalle dolcezze più semplici come il biancomangiare, la cuccia e il gelo, sino ad arrivare a preparazioni più complesse come quella del cannolo, della cassata e infinite meraviglie di torroni con sesamo e mandorle.
È proprio vero che facciamo sempre baldoria e festa e per ogni festa c’è sempre un dolce. Ma che dico un dolce? Per ogni festa ci sono sempre tanti dolci e tutti odorano di tradizioni e bellezza.
Quello che non può mai mancare sulle tavole siciliane pasquali ce l’hai sotto gli occhi: le cuddure, che si chiamano in modi diversi anche nell’isola e quindi aceddu cull’ova e pupi cull’ova. Oltre all’agnello pasquale fatto di pasta di mandorle con le conserve di cedro, che è una vera e propria istituzione, queste prelibatezze fatte di biscotto e adornate da zuccherini (e nel palermitano anche di glassa) non devono nè possono mai mancare. Nei vecchi tempi la fidanzata andava a casa del fidanzato portando una cuddura con tantissime uova. Più le cuddure erano scenografiche e contenenti uova e ricamate più si faceva chiaramente una figura di tutto rispetto. I simboli sono chiaramente quelli pasquali e quindi la campana, l’agnello e la colomba della pace ma non devono mai mancare i cestini, i cuori e i bimbi abbracciati, come vedi dalle foto. Non devono mai mancare le ciambelle grandi che possono contenere più uova -fino a 8 magari ma anche di più- da regalare a una famiglia intera senza distinzione. Sì, perché regalare una cuddura a chi ami è un gesto, ormai antico, importante e dal sapore magico. Io continuo a farlo e non voglio smettere. Non è Pasqua senza cuddura. Non è Pasqua e neanche vita se non hai una cuddura da regalare, per amore.Ho notato che, come ti dicevo, in molti mettono la glassa sopra ma nei miei ricordi la cuddura è così: con le codette oppure senza.
Non posso dirti quante ne vengono fuori esattamente perché dipende chiaramente dallo spessore e dalla grandezza. Tieni conto che lievitano sì ma non esageratamente. Come un classico biscottone, per intenderci. Generalmente con un chilo ne vengono mediamente 5-6 di media grandezza ma se hai deciso di fare il tortone enorme e magari due cuoricini ne vengon fuori 3. Insomma ci siamo capiti, come sempre le mie rimangono indicazioni e non regole. Che qui le regole a noi non piacciono, oh! Largo sfogo alla fantasia e farai sicuramente benissimo.
- 1 chilo di farina
- 6 uova
- 400 grammi di strutto (oppure 200 di burro e 200 di strutto. Oppure 350 di burro ma l’originale è con lo strutto)
- 2 bustine di lievito di 16 grammi circa cadauna
- 300 grammi di zucchero (la ricetta originale che mi ha dato la nonna di una mia amica, perché purtroppo alla mia non posso chiedere più, ne prevedeva 400 ma risultavano troppo zuccherate)
- la scorza grattugiata di un limone (o un’arancia)
- se vuoi mettere un pizzico di vaniglia o cannella male non fa. Io proprio un pizzichino piccolo di cannella perché mi piace tantissimo e dà quel quid siculo che non guasta mai
Impasta tutto per bene e largo sfogo alla fantasia. Più semplice di così?
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