Dorayaki

Quando sento dorayaki penso sempre e solo alla Signora Toku (e mi commuovo, è inutile sottolinearlo).

Le ricette della Signora Toku, tratto dal romanzo di Durian Sukegawa, è un film di Naomi Kawase che ha aperto il Festival di Cannes nel 2015. Centonove minuti di poesia che puoi trovare anche su Sky On Demand. I protagonisti del film sono tre: Kirin Kiki nei panni di Toku, Masatoshi Nagase come Sentaro e Kyara Uchida che interpreta Wakana. Se non hai voglia di cliccare quel link, e lo capisco, ti faccio un breve riassunto.

Sentaro è un cuoco stanco e svogliato che prepara dorayaki in un piccolo chiosco nella periferia di Tokyo. Sono pochi gli habitué, soprattutto liceali in cerca di un ritrovo per pettegolezzi che non risparmiano sarcasmo circa la bassa qualità del prodotto, anzi ne sottolineano addirittura in apertura la scarsa igiene. I dorayaki, famosissimi negli anni 80 grazie a Doraemon, altro non sono che una sorta di pancake in formato mignon ripieni di anko/an, ovvero una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki. Il dorayaki prima del novecento era singolo, mentre adesso viene servito in questo modo imbottito. Si chiama così perché Dora significa gong, molto probabilmente perché la forma ricorda eccome lo strumento. L’anko/an è ampiamente utilizzata nella cucina giapponese come ripieno di alcuni dolci, perché la tradizione nipponica non ha mai vantato chissà quale varietà dolciaria. Con l’anko i giapponesi ci condiscono anche il gelato. Ed è proprio questa salsa speciale la protagonista indiscussa in stretta relazione alla deliziosa, poetica e indimenticabile Signora Toku. Un’anziana e adorabile donna che non farà fatica a entrare nel cuore. Si farà largo molto velocemente tra i tuoi ventricoli. Si accomoderà e non andrà mai più via.

Un giorno si presenta al chiosco di Sentaro per proporsi come aiutante “ecco così è come si scrive il mio nome, tenga” a una paga bassissima. La proposta apparentemente surreale viene rifiutata ma Toku non demorde e dopo aver assaggiato i dorayaki di Sentaro, che reputa abbastanza buoni, critica -seppur con tatto e dolcezza- l’anko e per avvalorare l’amore che nutre nei confronti della marmellata di fagioli che prepara da oltre 50 anni ne porta un giorno una bella porzione a Sentaro. Che ne rimane folgorato.

Ho parlato diverse volte di questa poesia in movimento e abbiamo anche preparato insieme la pasta di azuki cercando di emulare -alla meno peggio- le indicazioni precise della grande Toku.

La Ricetta che ti lascio oggi è leggermente diversa dalla precedente e la preferisco. L’ho trovata sul Libro del Cavolo di Sigrid, che sai essere in assoluto l’unica certezza sempre. Perché andare a cercare altro?

Ricetta

  • 175 grammi di farina
  • 150 ml di acqua
  • 70 grammi di zucchero
  • 3 uova
  • un cucchiaio di sciroppo d’acero
  • un cucchiaino di lievito per dolci
  • olio vegetale

Sbatti le uova con lo zucchero, l’acqua e lo sciroppo d’acero. Aggiungi la farina setacciata insieme al lievito e poi lascia riposare per 30 minuti. Ungi la padella antiaderente e versa al centro un mestolo di impasto. Lascia cuocere per qualche minuto a fuoco basso e quando il lato superiore che vedi è bucherellato giralo e fai cuocere un altro po’ fino a quando si stacca ed è ben dorato. Continua fino a quando si esaurisce l’impasto e poi servili come preferisci. Puoi anche imbottirli con marmellate, confetture e creme di cioccolato.

La versione con la pasta di azuki: La marmellata della Signora Toku

Si deve preparare di mattina presto, come dice la Signora Toku. La prima cosa da fare è guardare i fagioli e metterli a bagno. Si devono controllare prima di metterli a bagno però. Bisogna farlo perché può capitare che qualcuno non sia buono e renda amara la marmellata. Dopo essere stati in ammollo una notte devono essere privati dell’acqua, che risulterà torbida, e risciacquati per bene. Si mettono sul fuoco con dell’acqua pulita e si cominciano a cuocere per qualche minuto. Quando iniziano a far fumo bisogna scolarli di nuovo e rimetterli sul fuoco coperti di acqua. E lasciare andare a fuoco basso per un bel po’ di tempo. Il risciacquo occorre affinché la marmellata non risulti amara. L’acqua va versata lentamente e non deve essere troppa, raccomanda la signora Toku. Quando l’odore del vapore cambia, dice la signora Toku, ci siamo. L’acqua comincia a scarseggiare e quindi a fuoco spento devono riposare un po’.
“Bisogna accoglierli nel mondo giusto i fagioli. Si sono disturbati ad arrivare da noi. Dalla terra in cui erano”.

Bisogna poi avvicinarsi alla pentola e ascoltarli. Si stanno per raffreddare e quindi adesso che i fagioli caldi si rompono con facilità bisogna aggiungere solo un filo d’acqua piano piano. Fino a quando si forma una schiuma. La schiuma amara che dovrà andare via dalla pentola. L’acqua deve diventare limpida e deve scorrere piano piano.

Una volta andata via la schiuma bisogna scolarli e rimetterli sul fuoco con lo zucchero con pochissima acqua rimasta. Devono stare così almeno un paio d’ore a fuoco basso basso. Bisogna stare attenti perché i fagioli adesso bruciano facilmente. Bisogna mescolare -non in modo brusco e con mano leggera- fino a quando si sfaldano lentamente e incontrano lo zucchero. Piano piano gentilmente. Non si devono schiacciare e poco a poco. Piano. Devono squagliarsi e bollire piano piano. Adesso per finire è il momento dello sciroppo di glucosio. Tutto insieme nella pentola e girare girare girare lentamente. Bisogna aspettare che lo sciroppo di glucosio si sciolga. Una volta fatto versare su una teglia.

Lasciare raffreddare e adesso sì che puoi incontrare la tua marmellata e la magia. E anche la Signora Toku.

Dorayaki

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